Le quattro stagioni di Beniamino : Storia di Primavera






Ancora due divisioni e un breve esercizio di grammatica e poi fine!  Da quando il primo tepore primaverile aveva iniziato a farsi sentire, Beniamino trascinava i compiti a casa tra uno sbadiglio e uno sguardo di desiderio oltre la finestra aperta. Sembrava che le cifre non ne volessero sapere di trovare il proprio posto sul quaderno a quadretti e mai come adesso le tabelline si facevano rincorrere come elfi dispettosi.  "Ecco, ti ho preso: seipersettequarantadue".
 Con l'italiano andava un po' meglio, ma quell'analisi  grammaticale non finiva mai. Quando l'ultimo aggettivo qualificativo di grado positivo m.s. gli ebbe restituito la libertà, non aveva ancora posato la penna che, con una fetta di pane in mano ben  spalmata di marmellata di more, capolavoro della nonna dopo  la raccolta favolosa  dell’estate scorsa, e il suo fido pallone sotto il braccio, Beniamino già era fuori, in giardino. I gerani in forma di variopinte farfalle, dal rosa più delicato alle tonalità decise del rosso  e del fucsia, si sporgevano dalle fioriere dei davanzali, come per dare il benvenuto ai visitatori. Cascatelle di petunie facevano dondolare i loro campanellini dai colori sapientemente mescolati, dal bianco al violetto. Sugli steli spinosi le rose  fiorite e quelle ancora in boccio gareggiavano in bellezza e tra poco, all’arrivo del mese di giugno, il gelsomino della siepe  avrebbe sfoggiato l’arabesco dei suoi piccoli fiori bianchi dal dolce profumo. Ben attento a non sciupare i fiori che dalle aiole e lungo la siepe lo guardavano con i loro occhi di corolla, il ragazzino cominciò con i soliti palleggi , così per allenarsi un po', intanto che si gustava la merenda. La palla abbattuta dal palmo della sua mano tornava su per poi  ricalare al colpetto successivo, in un gioco di molle invisibili dal ritmo cadenzato.  Beniamino contava i rimbalzi, fantasticando trionfi da record. Con le mani entrambe libere, il volo della palla era adesso diretto verso l'alto e lui si spostava velocemente sulle gambe agili per respingerla con tutte e dieci le dita. Poi unì le mani con le dita intrecciate e assestò un bel colpo, senza però riuscire a controllare la traettoria.    Il pallone volteggiò parecchio in alto, contro il celeste chiaro del cielo di primavera  e ricadde con un lieve tonfo, paff, sull'erba del giardino accanto al suo. Guai in vista, mormorò tra sé con la certezza fatale delle conseguenze  del suo tiro sconsiderato! Si mise ad aspettare gli eventi, rassegnato  alla loro prevedibile sequenza:  - restituzione del pallone con protesta da parte della vicina-scuse della mamma supermortificata - invito della mamma al piccolo trasgressore a scusarsi a sua volta - proibizione di futuri giochi  pallavolosi in giardino - promessa di  non ripetere prodezze del genere per tutti i secoli a venire...cioè fino  alla prossima volta.
Fu distratto da questi non esaltanti pensieri dal via vai delle formiche in processione  in una doppia  linea semovente. Si soffermavano brevemente per salutarsi con le antennine per poi proseguire il cammino verso una meta che solo loro conoscevano.  Lavoro, disciplina...ma le formiche non giocavano mai?  Pensò che neanche gli altri insetti giocano, ma vuoi mettere lo svolazzare delle farfalle, sembrano bambine vestite a festa. E quei bruchi pigri, simpatici anche loro, come le chiocciole che prendono la vita con saggia lentezza e portano la casina sempre con sé. Gli bastava guardarsi intorno per scoprire nel giardino tanti piccoli esseri in movimento, zampe, ali, voli e ronzii, fughe e cacce. Rosse coccinelle punteggiate di nero che per un po' ti camminano sulla mano con un impercettibile solletico e cavallette nervose che spiccano salti improvvisi, per scomparire nell'erba  alta. Mentre Beniamino era assorto in questi pensieri, che gli servivano soprattutto a fugare la sua inquietudine per l'involontario misfatto,  udì distintamente un altro rumore ovattato, paff, questa volta vicino a lui. L'insperato recupero della palla, per una volta senza né rimproveri né punizioni, lo colmò di gioia e gratitudine, ma la sua felicità fu di breve durata. Sull'erba punteggiata di pratoline, vicino alla siepe che nascondeva il muro divisorio dei due giardini, non era atterrato il suo fido pallone! Al suo posto un orsacchiotto di peluche di piccola taglia, colore marrone e occhietti curiosi, lo guardava con un misto di timore e di tenerezza, tipico degli orsacchiotti, tanto più se spelacchiati e casualmente capitati in un ambiente estraneo.

Si aprirono per Beniamino scenari inconsueti di incertezza e indecisione. Se andava a restituire l'orsetto avrebbe dovuto scusarsi per il pallone. Se aspettava gli eventi avrebbe avuto la paventata dose di rimbrotti. Entrambe le ipotesi gli causavano un certo imbarazzo, ma non ebbe tempo di indugiare nei suoi dubbi. La voce della mamma lo chiamava con insistente dolcezza:"Beniamino, è l'ora di rientrare..."  Meglio non lasciarla insospettire con un ritardo ingiustificato. Beniamino prese l'orsetto in mano e a sua volta lo guardò: assomigliava  al suo, di quando era piccolo e che ancora aveva un posto privilegiato in camera sua e soprattutto nel suo cuore, doveva ammetterlo! Decise di nasconderlo nel cespuglio delle giunchiglie li vicino. Tra gli steli e le foglie sarebbe stato invisibile  e ben protetto e loro, con le gialle corolle, e quei piccoli calici di petali bianchi, gli avrebbero fatto compagnia fino al mattino successivo. Poi, alla sera, c'erano i grilli che cantavano, cantavano, per la luna, per le stelle, per tutti quelli che volevano ascoltare il loro concerto notturno. Anche Beniamino ascoltava il continuo cri-cri, finché il canto dei grilli non lo accompagnava nel mondo dei sogni. Ma non sempre il tempo è sereno e la primavera  è la stagione dei cambiamenti repentini, dal  sole alla pioggia, poi vento che spazza il cielo e poco dopo ammucchia ancora nubi   minacciose e tuoni che brontolano in lontananza e lampi che squarciano in cielo. Quella sera fu proprio così. Beniamino vide con timore riempirsi lo spazio della finestra di nuvole sempre più gonfie e le raffiche di vento avevano una voce inquietante, sibilando tra i rami degli alberi del giardino immerso nell’ombra. Scomparsi i colori, eccoli riapparivano rapidamente solo nella breve luce livida dei lampi, che faceva brillare l’erba  e le fronde, bagnate dalla pioggia che aveva iniziato a cadere sempre più fitta.
Il suo pensiero non poteva non andare al piccolo orsacchiotto nell’aiuola delle giunchiglie. La mamma, come tutte le sere, venne a scambiare il bacio della buonanotte e vedendolo con il visetto contro il vetro lo rassicurò:"Temporale di primavera, vedrai,  domani sarà di nuovo bel tempo!"Dopo la visita della mamma, decise che doveva provare a recuperare il pupazzo abbandonato nella ‘notte buia e tempestosa’, come si legge nei racconti.

Rapidissimo, indossata sul pigiama azzurrino la sua mantellina modello pompiere della quale andava tanto fiero, si avvicinò alla porta posteriore  e, calzati altrettanto velocemente gli stivaletti  gialli, senza indugiare, percorse in fretta i pochi metri che separavano la casa dall’aiola delle giunchiglie. Afferrò l’orsetto  e rincasò con le ali ai piedi.  Il batticuore per la corsa sotto la pioggia, nel buio, si aggiungeva alla paura di essere scoperto. Sarebbe stato difficile spiegare l’uscita notturna  anche con il sereno, figurarsi con quel tempaccio! Pochi secondi ed era di nuovo in camera sua, in pigiama e pantofole con l’orsacchiotto tra le mani, grondante di acqua piovana,  con la pelliccia  ridotta ad un misero strato molle, il fiocchetto rosso  del collo afflosciato e gli occhi tondi  seminascosti dal pelo bagnato. Prima di mettersi a dormire, Beniamino cercò un  rifugio  adatto per l’ospite  segreto: lo sistemò nel fondo della cesta dei giocattoli, in buona compagnia, all’asciutto e  al sicuro da sguardi indiscreti. Domani è un altro giorno, lo dicevano spesso anche i grandi…

Il mattino successivo il  sole faceva risplendere  miriadi di goccioline  come diamanti iridescenti  che il tepore  avrebbe presto asciugato: ecco, sarebbe proprio il momento ideale per godersi la primavera, ma la scuola è là che aspetta e lo scuolabus è già qui. Beniamino, con il suo grembiule blu da scolaro sotto il leggero giacchetto primaverile e lo zaino sulle spalle, vide aprirsi il cancello del giardino di fianco e una graziosa bambina bionda salutò una signora sconosciuta, bionda anche lei, ferma sulla porta di casa, e poi rivolse a lui un radioso sorriso, sia pure  con qualche dente in meno, e salì sull’autobus giallo insieme a lui, anzi subito prima, dato che lui, più per la sorpresa che per un inconsapevole spirito di cavalleria, le aveva ceduto il passo. Il breve tragitto da casa a scuola fu sufficiente per una veloce presentazione. La sorridente ragazzina era la figlia dei nuovi vicini, che da pochi giorni erano venuti ad abitare accanto a loro. In effetti Beniamino aveva notato un certo andirivieni di persone e cose  e adesso tutto appariva chiaro, anche il volo dell’orsacchiotto al posto del pallone! La bambina era molto fiera della trovata  che aveva messo in atto per fare amicizia con quel ragazzino che aveva visto dalle finestre del piano superiore; si sa che lo spirito femminile è portato per  certe iniziative.  “Allora dopo i compiti posso venire a riprendermi il mio Teddy?!”Beniamino in un attimo cancellò l’imbarazzo e il timore del giorno prima: l’inizio di una nuova  amicizia vale  bene qualche emozione.